AMERICA LATINA. Dopo 200 anni di regimi paramilitari sostenuti da Usa e Ue, oggi a Bogotà si insedia il primo governo di sinistra della storia. Una vittoria di giovani, ambientalisti e movimenti sociali
Oggi, 7 agosto, si insedia in Colombia il nuovo governo di sinistra e, anche se tutto si svolgerà nel massimo rispetto della democrazia, possiamo davvero parlare di un cambio di regime, perché il popolo colombiano ha appena rovesciato un vero e proprio regime narco-paramilitare.
Ma tutto questo sembra avvenire nella più totale indifferenza internazionale. Quando Gabriel García Márquez parlava della solitudine dell’America latina, probabilmente aveva in mente soprattutto la solitudine della Colombia, il suo paese, negletto e abbandonato agli appetiti del grande vicino settentrionale.
SCOPRII LA COLOMBIA un po’ per caso, quando interruppi i miei studi di giurisprudenza per un viaggio dal nord al sud dell’America latina, motivato dai miei incontri con i rifugiati latinoamericani, soprattutto cileni, che arrivavano a Lovanio e scompigliavano le categorie nelle quali la nostra sinistra europea era un po’ confinata.
In gran parte, erano allo stesso tempo membri di movimenti sociali, artisti e attivisti politici. Trovai la Colombia così appassionante che non continuai il mio viaggio più a sud come avevo programmato.
E partecipando a diversi progetti accanto ai colombiani, potei osservare e soffrire, con la perdita di molti amici assassinati o vittime di sparizioni forzate, la terribile solitudine vissuta da questo popolo. In particolare, mi colpiva la grande complicità delle autorità europee in questa tragedia.
MI ESPULSERO dalla Colombia nel 1988, ma continuai a lavorare da Bruxelles per la difesa dei diritti umani. Ho potuto vedere da vicino la complicità delle istituzioni europee con quel regime assassino: ho lavorato al Parlamento europeo come assistente di Luciana Castellina e poi come consigliere politico. Le istituzioni europee barattavano il silenzio sulla tragedia colombiana con i vantaggi per le multinazionali.
Uno dei principali artefici di questo macabro e sinistro baratto fu Manuel Marín, commissario per le relazioni internazionali, appartenente al Partito socialista spagnolo.
Così, nonostante l’aumento esponenziale delle violazioni dei diritti umani, le relazioni economiche si rafforzarono fino alla firma di un accordo di libero scambio, i cui negoziati vennero avviati con Álvaro Uribe, mentre in Colombia morivano assassinati più sindacalisti che in tutto il resto del mondo.
CON L’AIUTO di Luciana Castellina e grazie alla tenacia del movimento contadino colombiano nonché alla solidarietà di tanti gruppi di base europei, nel 1997 riuscimmo a far espellere da Bruxelles Carlos Arturo Marulanda, ambasciatore colombiano presso l’Unione europea, che utilizzava gli squadroni della morte per allargare la sua hacienda massacrando i contadini confinanti. Si nascose, ma venne catturato a Madrid e imprigionato per due anni.
L’11 febbraio 2004 organizzammo una spettacolare protesta di parlamentari a Strasburgo in occasione della visita del presidente Álvaro Uribe, che aveva instaurato la sua «sicurezza democratica», consistente nell’incitare i militari a uccidere i guerriglieri o, in mancanza di questi, civili innocenti.
UN MESE DOPO, il mio nome e quello della mia compagna colombiana venivano indicati come «nemici della Colombia» sul sito web di un gruppo paramilitare colombiano e nei documenti dei servizi segreti colombiani che operavano anche a Bruxelles.
Quattro mesi dopo, gli Stati uniti mi inserivano nella loro «No-fly-list» antiterrorismo, tanto che, sorprendentemente, un aereo Air France da Parigi a Città del Messico fu dirottato a causa della mia presenza a bordo perché «non era autorizzato a sorvolare le acque territoriali statunitensi».
Sono rimasto nella lista Usa per il resto della mia vita, ma questo conta ben poco di fronte all’enorme felicità di arrivare adesso a Bogotá su invito del nuovo governo colombiano per l’insediamento di Gustavo Petro e Francia Márquez.
Il loro arrivo al potere è il culmine di un’incredibile lotta del popolo della Colombia per abbattere un regime criminale sostenuto dagli Stati uniti e dall’Unione europea: lo consideravano il loro migliore alleato in America latina e il primo alleato fuori dalla Nato.
Il precedente regime «democratico», che cadrà il 7 agosto a Bogotá, è responsabile, secondo la Commissione per la verità, di oltre 125mila sparizioni forzate, un numero di gran lunga superiore a quelli registrati nell’intero cono Sud, con le sue dittature criminali.
Questa vittoria della sinistra, dei movimenti sociali e ambientalisti e dei diritti umani – perché è di questo che stiamo parlando – è dovuta essenzialmente alla mobilitazione dei giovani e delle popolazioni che vivono nelle regioni più remote, nonché all’impegno degli abitanti di Bogotá che hanno già conosciuto Petro come sindaco della capitale.
QUELLI DELLE REGIONI più lontane, i territori dove vivono i popoli indigeni, i neri, le comunità contadine, hanno votato per la pace perché hanno vissuto la guerra in prima persona e non credono alla narrazione dei mass media che distorcono totalmente la realtà.
I giovani, con l’aiuto dei popoli indigeni organizzati e dei sindacati, hanno guidato il grande movimento insurrezionale del 2021, represso nel sangue.
La causa scatenante erano stati gli scandalosi regali fiscali agli ultra-ricchi, proprio mentre la popolazione soffriva la fame durante la crisi dovuta al Covid-19 e i servizi sanitari e pensionistici pubblici erano stati svenduti.
La vittoria della sinistra, dopo 214 anni di governi di destra in Colombia, è dovuta anche alla decisione della guerriglia delle Farc di impegnarsi negli accordi di pace firmati nel 2016. Il nuovo governo vuole fare della Colombia una potenza di pace, sia all’interno, negoziando la pace con il movimento guerrigliero Eln e altri gruppi, sia a livello internazionale.
IL NUOVO GOVERNO è, come dice Jean-Luc Mélenchon, il più avanzato nella lotta ai cambiamenti climatici, perché metterà al bando il gas fracking, l’uso del glifosato per sradicare le coltivazioni di coca, gli allevamenti estensivi, limiterà le attività minerarie e pianificherà l’uscita dai combustibili fossili.
L’Unione europea e i governi europei hanno ora un’opportunità unica di cambiare la loro politica nei confronti di questo paese, di pensare in termini decolonizzati, di emanciparsi dagli Stati uniti e di sostenere un popolo che può diventare un partner prospero scuotendosi da un giogo durato 200 anni e liberando magnifiche forze di pace, cultura e sviluppo sostenibile.
Speriamo che questa opportunità unica non vada perduta. Dipende anche da tutti noi.
PAUL-EMIL DUPRET
Fonte: https://ilmanifesto.it/