I referendum censurati non sono affatto utopie.

Referendum contro la guerra

La modalità da tifoseria calcistica, che caratterizza l’attuale fase della società dello spettacolo, per cui tutto va ridotto in un’alternativa semplificata, sta impattando anche sulla campagna referendaria “Ferma il dolore firma la pace”. Il pacchetto referendario proposto mira innanzitutto a bloccare il rinnovo dell’autorizzazione a esportare armi sul teatro di guerra ucraino (quesito 1), limitando in generale il potere di deroga del governo al divieto stesso (quesito 2). Il comitato Generazionifuture.org indica in una sanità governata nel pubblico interesse la priorità da perseguire in alternativa al continuo riarmo (quesito 3). In quattro parole: meno arsenali, più ospedali.

Chi raccoglie le firme si sente talvolta accusare di voler favorire Putin e di perseguire un obiettivo demagogico e populista nel sostenere che, anziché aumentare di 14 miliardi in due anni il bilancio militare italiano, converrebbe almeno non diminuire di 4 miliardi quello sanitario. Anche oggi, due tifoserie. Il fronte di quanti si ergono a difensori dell’integrità territoriale Ucraina e sostengono che la violazione dei confini dimostra che ci sono un aggressore (Putin) e un aggredito (Zelensky) con cui si ha il dovere morale di solidarietà, viene contrapposto al fronte referendario, che coltiverebbe un pacifismo peloso, che in realtà mal cela un putinismo demagogico, egoista e privo di solidarietà per i resistenti.

Questa narrazione è falsa e tendenziosa. Partecipando a Ivrea alla staffetta per la pace lanciata da Michele Santoro e da numerosi intellettuali e artisti, e firmando i tre quesiti referendari, Monsignor Luigi Bettazzi che a breve compirà 100 anni, affiancato da altri due illustri firmatari, Piergiorgio Odifreddi e Marco Revelli, con una lucidità e una autorevolezza impressionanti ha dato la migliore risposta possibile a chi accusa il fronte referendario di essere composto di ipocrite anime belle.

È vero infatti che l’Italia ripudia la guerra (articolo 11 della Costituzione) e che questo principio (così caro a papa Giovanni XXIII e ora a papa Francesco) nega la legittimità di una esportazione di armi che getta benzina sul fuoco armando uno dei due contendenti. Ma – ha spiegato sempre Bettazzi – l’Italia potrebbe partecipare a una genuina missione di pace che costruisca una forza di interposizione internazionale volta a separare i contendenti, in tal modo onorando il ripudio della guerra e riempiendolo di contenuti privi di ipocrisia.

Non sarebbe questa via, già percorsa in Libano e nei Balcani, il modo più serio per l’Europa di confermare il sogno di Schuman e degli altri suoi padri nobili e di essere un’autonoma potenza di pace anziché un’ancella del Pentagono? Non sarebbe assai meno ipocrita l’Europa, mettendo in gioco i propri soldati per separare i contendenti e limitare i morti e le devastazioni, piuttosto che stanziare sempre nuovi fondi per inviare armi sempre più sofisticate e proiettili, anche con uranio impoverito?

Una simile operazione, ben diversa dalla spedizione di armi a uno dei belligeranti, potrebbe rendere seria la richiesta di cessate il fuoco e rafforzare le trattative di pace cui alacremente lavora il Papa, e non solo lui.

Ecco qualcosa che potrebbe unire anziché dividere intorno al referendum il popolo italiano che ripudia la guerra, ma vuole essere concretamente solidale nelle circostanze date. Allo stesso modo il rafforzamento delle terapie intensive e della medicina di prossimità (le grandi vittime del conflitto di interessi nella sanità, che sposta il denaro pubblico dove stanno i profitti e non i bisogni) potrebbe unire finalmente le tifoserie fomentate durante i tre anni di emergenza pandemica.

I temi complessi rifuggono gli slogan e le contrapposizioni binarie. Queste ultime fanno solo il gioco di chi vuole trarre profitti dalle guerre come dalle pandemie. Il referendum non sarà forse il migliore mezzo possibile, ma è il solo strumento che davvero può certificare la posizione del popolo sovrano, oltre ai sondaggi, alle manifestazioni e alla rappresentanza, tutti fattori oggi resi inattendibili dalla corruzione sistemica e dai conflitti di interessi. Il meglio è nemico del bene ed è per questo che dei referendum sembra vietato parlare.

di Ugo Mattei

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it

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