Pax Christi continua a camminare controvento, l’associazione religiosa marcia di nuovo per denunciare il potere delle armi, per raccontare un orizzonte di solidarietà e libertà dalle guerre. L’ha fatto, come ogni anno, anche il 31 dicembre: a Gorizia si è svolta la 56esima marcia nazionale della pace. Nella notte di Capodanno, eroicamente, assieme alle reti cattoliche è sceso in piazza un migliaio di persone. “Lo spirito con cui l’abbiamo fatto è di tristezza, indignazione, ma sempre e comunque di speranza”, spiega l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia. “Quest’anno abbiamo scelto Gorizia perché è una città divisa dal confine che separa la parte italiana da quella slovena, Nova Gorica. È stata simbolo di una guerra feroce. La marcia è partita dal sacrario militare di Oslavia, dove sono conservati i resti di 57mila soldati uccisi durante la prima guerra mondiale. Trentamila di loro sono rimasti senza nome e cognome. Fa riflettere, in un periodo in cui continuiamo ad assistere agli scempi dell’umanità”.
Anche Papa Francesco ha inviato un messaggio alla marcia.
Ha scritto di intelligenza artificiale e pace. In un convegno, a margine della marcia, abbiamo approfondito il tema delle nuove tecnologie e dell’avanzamento scientifico. Ci siamo chiesti: saranno usate ancora in funzione della guerra e dell’industria militare, invece che per il bene e il progresso dell’umanità? Papa Francesco nel suo messaggio ha citato la profezia di Isaia: “Trasformeranno le spade in aratri?”. La speranza è che l’intelligenza artificiale sia messa al servizio delle persone, dell’ambiente e dell’umanità, non del potere.
Lei ha visitato Gaza nel 2015, conosce personalmente quella terra. Che testimonianze le stanno arrivando?
A Gorizia abbiamo raccolto le parole di una volontaria che è tornata da Gaza dopo l’inizio dell’ultimo conflitto, Giuditta Brattini. Ha mostrato dei video che testimoniano le azioni di vendetta di Israele. Immagini scioccanti, paralizzanti: ho visto persone abbassare lo sguardo e piangere. Tragedie indicibili. Ho chiesto a Giuditta quando potrà tornare lì con la sua associazione, mi ha risposto che per ora è impossibile: manca tutto, tutto, tutto. La foto più traumatizzante è di tre neonati morti nelle incubatrici per mancanza di ossigeno.
Su Gaza la Chiesa e Bergoglio non si sono tirati indietro, non hanno risparmiato parole chiare per denunciare le azioni di Israele. Parole che però cadono nel vuoto.
Lei sa che non ho peli sulla lingua: siamo di fronte a un genocidio. E sono stato felice che il Sud Africa abbia avanzato la richiesta di portare Benjamin Netanyahu al tribunale internazionale dell’Aia. Durante la seconda guerra mondiale, i tedeschi in Italia dicevano che per ogni loro soldato ucciso, ne avrebbero ammazzati dieci. Dal 7 ottobre sono morti 1200 israeliani e oltre 20mila palestinesi: qual è l’obiettivo, se non eliminare questo popolo, farlo fuori del tutto? Un’operazione accompagnata da un’informazione allineatissima in difesa di Israele.
Eppure marciate.
Le nostre voci sembrano impotenti, destinate alla frustrazione. Siamo tristi e indignati. Il potere, il dominio del profitto e delle armi, paiono intoccabili. Nel Qoelet, Antico Testamento, si legge questa frase: “Il potere veglia sorretto dagli altri poteri”. Abbiamo l’impressione di vivere in un vicolo cieco. Allora come facciamo a combattere questo monolite? Noi cristiani, credenti, siamo animati dall’orizzonte della solidarietà umana e non possiamo fermarci. Bisogna continuare a lavorare nella speranza, nelle denuncia, con la forza di indicare un futuro diverso. Una logica differente può germogliare a scuola, in famiglia, nelle relazioni di ogni giorno. Ma non le nascondo che è davvero dura. Sempre più dura.
Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/