Nella prima parte dell’intervista a Patrizia Cecconi per “Egemonia”, siamo andati a scavare le origini storiche e politiche che hanno portato Hamas a divenire il soggetto di riferimento della lotta palestinese. Nella seconda parte ci concentriamo sul post 7 ottobre: come cambia la resistenza palestinese? Quale il nuovo ruolo di Hamas e il suo coordinamento con le altre organizzazioni palestinesi? “Direi che il ruolo che negli anni “70 era di Fatah, oggi, anzi da vari anni, è stato preso da Hamas.” E questo perché, ci sottolinea più volte, Fatah, sia a Gaza che in Cisgiordania, non è più sentito come espressione della resistenza bensì come il partito che sostiene l’Anp, la quale resta legata al vincolo di collaborazione sulla sicurezza a Israele – e per Israele – derivante da una clausola degli accordi di Oslo “che Abu Mazen ha minacciato numerose volte di rigettare senza averlo mai fatto.”
Hamas, prosegue Cecconi, è sicuramente la struttura più significativa nel rappresentare la resistenza palestinese organizzata e non soltanto per il suo braccio armato, e infatti è anche “la più odiata” da Israele e soci. “I collegamenti con altri partiti e con gruppi di giovani resistenti che rifiutano di riconoscersi in fazioni politiche mi sembra, ma è una pura opinione personale, che sia più fattuale che programmato, comunque esiste. I tentativi di ammissione nell’OLP fatti diverse volte dall’ala politica di Hamas per acquisire un riconoscimento giuridico e quindi avere legittimità verso tutti i palestinesi non hanno mai avuto successo e non perché l’ala militare si opponesse ma perché una riforma dell’Olp necessaria a questo scopo avrebbe minato gli equilibri di potere all’interno dell’Olp stessa.”
E arriviamo al 7 ottobre, obiettivi e prospettivi di un’azione che ha segnato uno spartiacque nella storia della resistenza palestinese. “L’obiettivo immediato dell’azione “diluvio di Al Aqsa” era quello di rapire un alto numero di ostaggi, come viene rivendicato dalla direzione di Hamas in un documento pubblico di 15 pagine, per poterli scambiare con i circa 6000 palestinesi, tra cui molti bambini, rinchiusi delle carceri israeliane”. Nel documento a cui fa riferimento Cecconi si rivendica l’uccisione dei militari ma si afferma che i combattenti palestinesi avevano l’ordine di non uccidere i civili perché salvaguardare soprattutto “bambini e donne e anziani è un impegno religioso e morale di tutti i combattenti delle Brigate Al-Qassam”, sebbene venga riconosciuto che degli errori nel caos dell’attacco siano stati fatti. “Ma, si ribadisce nel documento – e questo è confermato anche da molte testimonianze israeliane – molti civili sono rimati vittime accidentali del fuoco incrociato o dei bombardamenti degli elicotteri israeliani che hanno carbonizzato anche alcune centinaia di militari di Hamas.”
Come evidenziato da più testimonianze israeliane e taciute dai media mainstream, da parte dello stato di Israele sarebbe stata applicata la delibera Hannibal emanata nel 1986 e consistente nel sacrificare i propri cittadini piuttosto che farli prendere in ostaggio. “Nel suo documento Hamas respinge categoricamente ogni accusa relativa all’invenzione dei 40 bambini decapitati o agli stupri di massa. Entrambe le accuse peraltro sono state smentite da indagini promosse da quotidiani israeliani e dallo stesso IDF come giustamente tu affermi, ma i nostri media seguitano a riproporle mentre non dicono che il governo israeliano ha rifiutato un’inchiesta indipendente che avrebbe appurato la verità. A questo punto non è bizzarro ipotizzare che quelle menzogne siano servite a giustificare presso l’opinione pubblica il massacro in corso. La corte mediatica pro-Israele, infatti, continua a utilizzarle per far rientrare il massacro di circa 26.000 civili palestinesi nella categoria sempre pagante, e sempre riferita al solo Israele, del “diritto a difendersi”.
Su un tema Cecconi ci tiene a spendere più di una riflessione perché emblematica di come opera la propaganda dei media asserviti a coprire il genocidio a Gaza: l’utilizzo del patriarcato e del femminismo con un uso volutamente distorto. “Ad un mese e mezzo da quel terribile 7 ottobre, mentre in Italia, in seguito all’ennesimo femminicidio di una povera ragazza, i media si buttavano in massa sul dramma dei femminicidi, spunta una petizione, partita da un gruppo di femministe pro-israeliane francesi, in cui si chiede “il riconoscimento del femminicidio di massa in Israele del 7 ottobre”. “Nella petizione, prontamente firmata da uomini e donne poco attenti all’improbabilità del contenuto, si presentano una serie di orribili dettagli, che nessuno ha mai potuto accertare visto che è stata impedita l’autopsia delle vittime, quali “bacini spezzati in seguito alle violenze sessuali” e altri terribili crimini “diretti contro le donne a causa del loro genere “ chiedendo che vengano riconosciuti come femminicidi i “massacri di donne perpetrati il 7 ottobre in Israele”. Ora, almeno una domanda sorge spontanea, prosegue Cecconi nel punto specifico, “dove hanno preso il tempo i barbari terroristi per far passeggiare nude le ragazze più belle e poi violentarle a ripetizione dopo aver ucciso le più brutte come si legge nella macabra petizione? Visto che niente di tutto questo è stato provato ma che è stato ripetuto e ampliato dai nostri media fino a precipitare nel ridicolo in un servizio del TG1 in cui una superstite raccontava di essere stata violentata anche lei: con lo sguardo! O quella di un sedicente militare israeliano che ha testimoniato di aver assistito a vari stupri conclusi con l’accoltellamento delle ragazze stuprate restando nascosto dietro un cespuglio. Un militare che sta lì per proteggere e invece si nasconde trasformandosi in voyeur e lo racconta pubblicamente senza temere un provvedimento disciplinare! Non commento. La menzogna che ha sempre nutrito la narrazione israeliana, in questo caso ha raggiunto il top e lo ha raggiunto grazie alla cortigianeria mediatica più ancora che al vassallaggio politico.”
Patriarcato strumentale all’uso delle purghe sulla base dell’antisemitismo? “Assolutamente sì. Sappiamo tutti che nei “bottini di guerra” così come nelle situazioni in cui le donne rappresentano l’elemento più indifeso, gli stupri abbondano, ma in questo caso, primo non ci sono prove di stupri di massa ma anzi gli stessi sono stati smentiti al pari della decapitazione dei bambini; secondo, la loro rappresentazione ornata di dettagli fantasiosamente macabri ha la funzione di rendere immune Israele dall’accusa di genocidio, esattamente come la sorte riservata alle voci critiche verso i crimini israeliani, o censurate o tacciate di antisemitismo, accusa che per colmo di paradosso in Italia viene usata dagli antisemiti veri come i fascisti (o post-fascisti se vi piace di più) che sono al governo, senza dimenticare i cosiddetti antifascisti alla Fassino che bollano di comportamento antisemita perfino gli ebrei italiani che chiedono di non fornire a Israele le armi con cui stanno realizzando il massacro del popolo di Gaza. Gli stessi che non dicono una parola neanche davanti a orrori come la scoperta dei corpicini putrefatti di neonati palestinesi lasciati morire nei lettini d’ospedale o i carri armati che hanno stritolato malati e feriti impossibilitati a scendere dalle barelle mentre l’ospedale in cui erano ricoverati veniva devastato dall’esercito più morale del mondo. E sorvolo sulle accuse di antisemitismo rivolte perfino al Segretario generale dell’ONU.“
Non si fa troppe illusioni la Cecconi sulle presunte difficoltà di Israele o sulla prossima elezione negli Stati Uniti che potrebbe portare ad un “ammorbidimento”. “Dopo oltre tre mesi di stragi abominevoli di civili inermi e in particolare di bambini, oltre che di un numero impressionante di giornalisti e di personale medico (roba da Norimberga se la legalità internazionale funzionasse) senza che nessuno abbia legato le mani a Netanyahu, come si può esser certi che Israele sia in profonda difficoltà?” Netanyahu sarà pure contestato, ma deve le sue numerose rielezioni (nonostante le condanne per corruzione) alla reiterata dichiarazione che non permetterà mai la nascita di uno Stato palestinese. “Gli israeliani, almeno il 90 per cento degli israeliani, non lo accusano per le stragi orrende che sta commettendo, ma per non aver eliminato Hamas, per non aver riportato a casa gli ostaggi israeliani e per gli sbagli che hanno consentito alla resistenza palestinese di attuare l’azione del 7 ottobre.”
L’importante per la maggioranza degli israeliani, prosegue Cecconi, sarà salvare la vita dei 139 ostaggi ignorando le vite stroncate di 25.000 palestinesi o dei futuri 30 o 100 mila o quanti saranno se nessuno fermerà le azioni benedette dal “Dio degli eserciti”. “In fondo non si è sconvolto nessuno quando Netanyahu, riferendosi ai palestinesi, ha citato Amalek e chi conosce un minimo la Torah (e gli israeliani la conosco ben più di un minimo) ha capito che stava “promettendo” la soluzione finale per gli abitanti di Gaza.” Ultima brillante idea presentata senza vergogna da un ministro di Netanyahu, il ministro degli esteri Israel Katz, è quella di creare un’isola artificiale di fronte alle coste di Gaza e deportarvi i palestinesi. “La fantasia dei razzisti israeliani supera perfino quella dei criminali che usciti dalle galere europee andarono a colonizzare il Nuovo Continente! Quelli, dopo aver ammazzato il numero massimo possibile di nativi rinchiusero gli altri nelle riserve e poi si proclamarono democratici dando vita a quella che ancora oggi viene chiamata la più grande democrazia del pianeta. Israele riesce a fare di più. Eppure la proposta dell’isola artificiale non è stata definita criminale, ma semplicemente bizzarra, tutt’al più grotteca!”
Alla luce di tutto ciò, la posizione di Cecconi è pessimista. Anche sulla “coraggiosa denuncia del Sud Africa” che “andrà ad aggiungersi all’enorme volume delle Risoluzioni ONU non rispettate, delle condanne parolaie dell’Unione europea, dei garbati rimproveri dei padrini, subito compensati dalle carezze dei vassalli e così via”. Israele, con o senza Netanyahu, seguiterà a commettere crimini contro l’umanità e ad agitare la clava dell’olocausto contro chi osi criticarlo, e i suoi cortigiani seguiteranno a sostenerlo, a meno che – ma questa è per la Cecconi più una speranza – i paesi del Brics+ non riescano ad ottenere che lo Stato ebraico venga trattato come un Paese normale e quindi venga posto davanti alle sue gravissime responsabilità e costretto a pagare secondo le norme del Diritto internazionale.
Torniamo al 7 ottobre, in conclusione. “Come ogni pagina di storia, anche questa è stata cruenta, non come è stata raccontata dai servitori della hasbara, ma comunque cruenta. Però è indiscutibile che abbia aperto uno scenario del tutto nuovo”. Visto che le super armate forze militari israeliane non riusciranno mai a cancellare totalmente né Hamas, né le altre forze minori della resistenza che invece credo si rinforzeranno perché l’odio che Israele sta seminando è tale da nutrire tre generazioni di superstiti, e visto che i tempi biblici in cui si poteva annientare tutto il popolo di Amalek sono lontani, sottolinea, Israele dovrà scegliere se vivere nel terrore scaturito dai suoi stessi abominevoli crimini o se rassegnarsi a un compromesso con la resistenza palestinese. “Ho detto la resistenza e non Abu Mazen come vorrebbero gli USA che, mentre chiedono ipocritamente “moderazione nei massacri” seguitano a fornire al loro sodale altre micidiali armi. Ma anche a questo probabilmente verrà posto un limite grazie alla reazione dell’opinione pubblica statunitense, temuta perché capace di cambiare gli equilibri alle vicine elezioni. Lo dimostra l’insistenza, davanti al diniego di Netanyahu, nel chiedere la nascita di uno Stato palestinese. In tutto ciò i palestinesi non vengono neanche consultati, secondo la migliore tradizione della cultura coloniale, come rilevato anche nel documento ufficiale di Hamas nel punto in cui sottolinea che “il popolo palestinese ha la capacità di decidere il proprio futuro e di organizzare i propri affari interni, e quindi nessun partito al mondo ha il diritto di imporre alcuna forma di tutela o di decidere per suo conto.”
Un ultimo messaggio, “stavolta di speranza”, in conclusione è rivolta all’imprevedibile discesa in campo degli Houthi che ha sconvolto il Mar Rosso a sostegno della lotta dei palestinesi, oltre alla prevedibile reazione di Hezbollah “entrambe palesi prove che Gaza non è sola”. Mentre Israele seguita a bombardare ovunque, violando impunito gli spazi aerei di Stati sovrani e sembra far di tutto per costringere l’Iran a scendere in campo direttamente, conclude la Cecconi, il “diluvio di Al Aqsa” potrebbe essere la vera pietra miliare capace – sebbene ad altissimo costo umano – di portare finalmente al rispetto del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, secondo quello che è non un programma terroristico, ma un diritto fondamentale stabilito nella Carta Onu e non solo. Concludo con le parole dello sceicco Yassin (che, dopo aver visto rifiutare da Israele la costituzione di uno Stato palestinese sui confini del 1967, proposta gelosamente tenuta nascosta dai media) aveva profetizzato, in una sorta di “ci rivedremo a Filippi”, che entro il primo quarto del XXI secolo Israele si sarebbe disgregato grazie alle sue stesse azioni. La disgregazione di Israele non significa l’eliminazione degli ebrei, lo specifico ad usum delphini, così come la disgregazione dello Stato fascista non significò l’eliminazione degli italiani, bensì il passo necessario verso la Libertà. A volte le profezie si avverano.
di Alessandro Bianchi