Nel suggestivo contesto della XII Edizione del Festival del Cinema Iberoamericano, presso la Casa del Cinema di Roma, è stato presentato il docufilm Cartas de Calvino. Girato tra Roma, Sanremo e L’avana, il docufilm è un ponte simbolico tra le geografie e le culture che hanno segnato la vita e l’opera di Italo Calvino. Prodotto da Cubavisión Internacional ed Ecce Musica, il film intreccia testimonianze, ricostruzioni e una colonna sonora emozionante.
Cartas de Calvino
Il docufilm traccia il rapporto di Calvino con Cuba: eredità, memoria e letteratura. La vita di Calvino riflette un dialogo costante tra due mondi. Nato a Santiago de Las Vegas, Cuba, il 15 ottobre 1923, trascorse i primi anni in un paese che avrebbe lasciato una traccia profonda nella sua immaginazione.
La famiglia, trasferitasi in Italia quando Calvino aveva solo due anni, lo portò a Sanremo, dove il padre, agronomo, e la madre, botanica, l lavoravano nel giardino botanico sperimentale di Villa Meridiana.
Il legame con Cuba, però, non si spezzò mai del tutto. Le sue origini cubane tornarono in filigrana nella sua scrittura, nel suo senso di appartenenza e nel fascino per l’ibridazione culturale, temi centrali che Cartas de Calvino esplora. Il giardino botanico di Sanremo non era solo un luogo fisico per Calvino, ma uno spazio simbolico che permeò il suo immaginario letterario.
La natura, scientificamente osservata dai suoi genitori, si trasformò in un teatro di storie e metafore nella sua scrittura. La regista Esther Barroso Sosa ha dichiarato che, nella ricostruzione della relazione tra Calvino e i genitori, il giardino diventa quasi un personaggio del film: un luogo di radici, crescita ed esperienza.
La connessione con Cuba è il messaggio universale del film: Cuba come metafora del viaggio esistenziale attraverso una meta “esotica” (nel senso etimologico del termine) che diventa, però, nel tempo, sempre più familiare.
Cartas de Calvino esplora non solo i luoghi fisici associati allo scrittore, ma anche i legami profondi che Calvino aveva con Cuba, sia attraverso le sue radici familiari, che attraverso i suoi interessi intellettuali.
Il padre di Italo, Mario Calvino, agronomo e botanico di fama internazionale, trascorse alcuni anni a Cuba dove studiò e promosse la coltivazione della canna da zucchero. La madre, Eva Mameli, fu una botanica di spicco, tra le prime donne italiane a conseguire una laurea in scienze naturali, e condivise con il marito la passione per le piante tropicali, includendo tra le loro attività lo studio della flora cubana.
Il docufilm si sviluppa lungo un filo conduttore che collega queste tre città chiave della vita di Calvino: Sanremo, dove trascorse l’infanzia e sviluppò il suo amore per la natura; Roma, dove si formò come scrittore e intellettuale; e L’Avana, evocata attraverso il retaggio paterno e l’immaginario esotico che permeò la sua opera.
Sanremo, con il suo giardino tropicale, rappresenta per Calvino un luogo di riflessione e scoperta. L’Avana, invece, simboleggiava la radice di un’identità ibrida, italo-cubana, che lo scrittore esplorò in modo indiretto, ma significativo, nei suoi scritti. Roma, infine, divenne il punto di sintesi, dove il Calvino adulto consolidò la sua visione del mondo.
Un messaggio universale: la memoria come ponte culturale
Cartas de Calvino si distingue per la sua capacità di tessere una narrazione che trascende il tempo e lo spazio, invitando il pubblico a riflettere sul significato della memoria, dell’identità e delle connessioni culturali.
Attraverso le lettere e i frammenti della vita dello scrittore, il film porta alla luce il suo profondo interesse per i temi universali della condizione umana, offrendo una visione intima e autentica di un Italo Calvino meno esplorato.
La regista Esther Barroso Sosa, con la sua sensibilità artistica e storica, riesce a far dialogare passato e presente, realtà e finzione, con una delicatezza che rende il documentario accessibile a un pubblico vasto e diversificato.
Il contributo di Monica Marziota, sia come attrice che come compositrice della colonna sonora, aggiunge un livello di profondità emotiva alla pellicola, rendendo l’esperienza cinematografica toccante ed intensa.
La presentazione di Cartas de Calvino al Festival del Cinema Iberoamericano di Roma rappresenta non solo un tributo a un grande scrittore, ma anche un ponte culturale tra ltalia e Cuba, due terre che hanno contribuito a plasmare l’identità e la visione del mondo di Italo Calvino.
Il docufilm di Esther Barroso Sosa ci invita a riscoprire il valore della memoria, del dialogo interculturale e della bellezza nascosta nei dettagli della vita quotidiana. Con proiezioni attese in altre città italiane e una probabile distribuzione internazionale, Cartas de Calvino si prepara a lasciare un segno duraturo nella storia del cinema e della letteratura, ricordandoci che, come scriveva Calvino, “un classico è un libro che non ha mai finito di dire ciò che ha da dire”.
Alla presentazione romana, il pubblico ha accolto con entusiasmo il docufilm. Tra i presenti, personalità del corpo diplomatico, intellettuali e artisti, che hanno sottolineato il valore culturale e storico dell’opera. Il prossimo appuntamento a Palermo, presso il Cinema Rouge et Noir, rappresenta un’ulteriore occasione per diffondere il messaggio universale di Cartas de Calvino.
Cartas de Calvino: il cuore intimo di un maestro del Novecento
La raccolta Cartas de Calvino rappresenta un viaggio straordinario nella mente e nel cuore di Italo Calvino, uno degli scrittori più significativi del XX secolo. Attraverso queste lettere, rivolte a colleghi, amici, editori e intellettuali, si svela un uomo in costante dialogo con il suo tempo, con la cultura e con se stesso.
Le parole di Calvino ci restituiscono una vita vissuta intensamente, intrecciata al mondo che cambiava intorno a lui. Le lettere non sono soltanto un documento storico, ma il riflesso vivo di un intellettuale che, con lucidità e passione, ha attraversato le fasi cruciali della storia culturale e politica del Novecento.
Dal neorealismo del dopoguerra alle sperimentazioni letterarie più ardite, ogni pagina è una finestra su un’epoca in fermento, su un’ Italia in bilico tra memoria e modernità. In queste righe emerge con forza la personalità complessa di Calvino.
Rigore e ironia convivono in un uomo che non smette mai di interrogarsi sul ruolo della letteratura e sul significato del proprio lavoro. Le lettere, infatti, non si limitano a raccontare fatti o eventi: diventano laboratori di idee, spazi in cui l’autore riflette sulle opere in gestazione, discute di stile e struttura narrativa, o semplicemente cerca di dare un senso alle contraddizioni del vivere quotidiano.
Straordinaria è la capacità di Calvino di rendere ogni tema – dalla politica alla letteratura, dalle relazioni personali ai grandi mutamenti sociali – un’occasione per approfondire il rapporto tra arte e realtà. Le lettere mostrano il suo sguardo attento e critico sul mondo, ma anche il suo impegno nel coltivare rapporti umani e professionali, spesso con personalità che hanno segnato la storia culturale dell’epoca.
Più di ogni altra cosa, Cartas de Calvino ci parla del valore della scrittura come strumento per dare ordine al caos. Per Calvino, scrivere significava comprendere e tradurre la complessità del mondo, trasformando il particolare in universale, il frammento in armonia.
Questo dialogo continuo tra pubblico e privato, tra arte e vita, rende la raccolta un’opera preziosa non solo per i suoi ammiratori, ma per chiunque desideri scoprire come la letteratura possa illuminare le profondità dell’esistenza. Le lettere di Calvino non sono mai solo parole su carta: sono un’eredità viva, capace di ispirare nuove generazioni e di ricordarci che, in un mondo in continuo cambiamento, l’arte e il pensiero critico restano fari indispensabili.
Fonte: https://www.kulturjam.it/