
Destinare 800 miliardi di euro ai paesi membri per sostenere lo sviluppo e la produzione militare non è investire su un sistema di difesa comune. Utilizzare i fondi della coesione sociale per riarmarci, è un attacco all’Europa dei diritti, della sicurezza comune e della pace. Investire 800 miliardi di euro in armamenti e tecnologie militare significa riconvertire una buona parte della produzione continentale oggi in crisi, e fare un gigantesco regalo al complesso militare industriale internazionale. Ma poi, per attaccare chi? Per difendersi da cosa e da chi? Oggi per noi la priorità assoluta è la costruzione e il rafforzamento di un’altra opzione per l’Europa, che vogliamo non sia quella militare. Occorre dirlo con chiarezza, senza ambiguità. È vero, stiamo assistendo nelle dinamiche internazionali ad un cambio di paradigma radicale che non potevamo nemmeno immaginare qualche mese fa; dopo le grandi speranze post pandemiche, ci siamo immediatamente ritrovatɜ nell’inferno delle guerre, dei soprusi e del trionfo di una nuova idea del mondo: l’anarco-capitalismo. In questo cambiamento drammatico e veloce è comprensibile lo smarrimento e la preoccupazione, così com’è comprensibile la voglia di ritrovarsi insieme. Sappiamo altresì che gran parte di chi parteciperà alla manifestazione sostenuta da La Repubblica, porterà in quella piazza questo smarrimento che è anche il nostro, non lo neghiamo. Per questo, al di là delle sigle e dei collettivi, abbiamo rispetto per quella piazza. Ne abbiamo anche perché siamo convintɜ che la partecipazione sia sempre un valore e lo stare insieme è l’unico antidoto alla barbarie. Soprattutto di questi tempi. Ma oggi quella piazza non riesce ad essere la nostra piazza fino in fondo e lo diciamo con grande serenità e rispetto. Sostenere l’Europa solo sulla spinta emotiva rischia di trasformare un giusto sentimento in un sostegno incondizionato alle politiche di guerra che l’attuale Commissione Europea, d’intesa con gli Stati membri, sta portando avanti con scelte impressionanti, come quella di ieri con il piano #ReArm. La nostra comunità europea, quella della quale ci sentiamo pienamente parte, per la quale ci siamo sempre battutɜ affinché realizzasse i valori di Ventotene oggi non s’intravede. Basta guardarsi attorno per scoprirlo amaramente, giorno dopo giorno, nelle politiche migratorie, nell’aumento delle diseguaglianze e delle povertà, nella nuova austerità, nella crescita delle paure e del razzismo, nell’avvento (neanche troppo improvviso) delle forze reazionarie e neonaziste. La guerra è già nelle cose e il nuovo ordine mondiale fondato sul più forte e sull’accordo tra i più forti compone un quadro drammatico. E l’Europa non può stare a questo gioco. E neppure noi, convintɜ europeistɜ. Crediamo che la priorità oggi sia un’altra: contrastare con una grande partecipazione europea il Piano europeo ReArm e sconfiggere conseguentemente quell’idea che si è imposta nel tempo nel nostro continente: “La Fortezza Europa”. Questa è la priorità in questa situazione drammatica, questo è l’impegno che chiediamo alla piazza del #15marzo e a tutte le forze politiche, associative, sindacali e di movimento, a chi parteciperà e a chi non parteciperà. Vogliamo costruire un ponte con chi, fuori o dentro quella piazza, condivide lo stesso impegno, per una Europa del disarmo e della sicurezza comune, umana, sociale ed ecologica. Non esserci per noi significa impegnarci da subito a garantire un ponte, senza annacquare differenze, a fare in modo che rimanga aperto un canale di comunicazione tra diverse sensibilità.
Il mondo non finirà il 15 marzo; ritroviamoci subito dopo per l’Europa che abbiamo sempre sognato e sostenuto: quella della pace, della giustizia sociale e del primato della democrazia. Ritroviamoci contro l’armamentario culturale bellicista prima che sia troppo tardi.
La Presidenza nazionale #ARCI#paceedisarmo#europeforpeace#norearm