Addio Papa Francesco, la voce coraggiosa del vangelo sociale

Papa Francesco

Con la scomparsa del pontefice, il mondo perde una figura profetica contro le disuguaglianze, lo sfruttamento del lavoro e la cultura dello scarto. Ci mancherà!

Con la scomparsa di Papa Francesco, il mondo perde non solo un capo spirituale, ma un instancabile difensore degli ultimi. Jorge Mario Bergoglio, il primo Pontefice venuto “quasi dalla fine del mondo”, ha segnato un’epoca con il suo impegno per la giustizia sociale, la dignità del lavoro e la pace. La sua predicazione non si è mai limitata alle parole: è stata testimonianza vissuta, spesso scomoda, sempre schierata dalla parte di chi veniva escluso.

Un Papa vicino ai lavoratori e ai sindacati

Papa Francesco ha fatto della difesa del lavoro dignitoso uno dei pilastri del suo magistero. Il suo rapporto con il mondo del lavoro non è mai stato quello di un osservatore distante, ma di un pastore che comprendeva fino in fondo il dramma della precarietà e dello sfruttamento.

Uno degli episodi più significativi del suo pontificato in questo ambito fu l’incontro in Sala Nervi con la Cgil e il segretario Maurizio Landini, avvenuto il 19 dicembre 2022. Era la prima volta che un pontefice accoglieva ufficialmente il principale sindacato italiano, segnando un riconoscimento storico del ruolo dei lavoratori organizzati nella costruzione di una società più giusta. In quell’occasione, Francesco usò parole nette:

“Il lavoro precario uccide. Uccide la dignità, uccide il futuro, uccide la speranza. È inaccettabile che oggi esistano lavoratori poveri, persone che, pur lavorando, non riescono a vivere con dignità. Questo è sfruttamento, non è economia”

Il Pontefice non esitò a denunciare anche le morti sul lavoro, definendole una “tragedia inaccettabile in un mondo civile”. Il suo insegnamento in questo campo ha spinto la Chiesa a prendere posizioni sempre più coraggiose su temi come il salario minimo, il diritto al riposo e la conciliazione tra lavoro e vita personale.

Ma il rapporto di Francesco con i lavoratori non si è fermato agli incontri ufficiali: ha voluto ascoltare, conoscere e visitare direttamente gli operai, i braccianti, gli impiegati delle fabbriche in crisi. Ha abbracciato i rider sfruttati e ha parlato ai minatori rimasti senza lavoro in Argentina e in Europa. Per lui, il lavoro non era solo un diritto: era una vocazione, una missione, una forma di partecipazione alla creazione.

Il pontificato della giustizia sociale

Fin dal primo giorno del suo pontificato ha denunciato le disuguaglianze economiche e sociali come una delle più gravi ferite del nostro tempo. Ha parlato apertamente di un’economia che “uccide”, indicando un sistema in cui il profitto conta più della persona come una distorsione inaccettabile. Nell’enciclica Fratelli Tutti, ha ribadito il principio della destinazione universale dei beni, affermando che la proprietà privata non può essere un diritto assoluto quando esistono milioni di persone senza risorse per vivere.

Francesco non si è mai tirato indietro nel denunciare l’indifferenza di fronte ai poveri. Ha parlato di una “globalizzazione dell’indifferenza” che anestetizza le coscienze e rende accettabile il fatto che milioni di persone siano escluse dalla ricchezza e dal benessere.

Ma il suo insegnamento non è stato solo una denuncia, è stato un appello concreto alla solidarietà, alla politica del bene comune, all’economia della condivisione. Ha sostenuto progetti sociali coinvolgendo giovani imprenditori e studiosi per pensare a un nuovo modello economico basato sulla sostenibilità e sulla giustizia.

Un instancabile costruttore di pace

In un’epoca segnata da guerre e tensioni internazionali, Papa Francesco si è imposto come un messaggero di pace senza compromessi. La sua voce è stata tra le poche a levarsi con forza contro la corsa agli armamenti, la produzione e la vendita indiscriminata di armi, l’uso della violenza come soluzione ai conflitti.

Nel pieno della guerra in Ucraina, fu uno dei pochi leader mondiali a chiedere apertamente negoziati immediati, invitando i potenti della Terra a fermarsi prima di condannare il mondo a un’escalation senza ritorno.

E solo poche ore fa, nel giorno di Pasqua, il suo pensiero è andato “alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!”.

Ma la sua battaglia per la pace non si è limitata ai conflitti armati. Ha denunciato con forza le guerre invisibili: quella contro i migranti, respinti e lasciati morire in mare; quella contro le popolazioni indigene, sfrattate dalle loro terre in nome dello sviluppo; quella contro le donne, ancora vittime di violenze e discriminazioni in molte parti del mondo.

“Non si costruisce la pace con le bombe, ma con il dialogo. Non si difendono i popoli con le armi, ma con la giustizia. Non si governa con la paura, ma con la speranza”

L’eredità di un Papa che non ha avuto paura

Papa Francesco lascia un’eredità che va oltre la Chiesa. Il suo insegnamento resterà come una sfida, un pungolo per le coscienze. Molti leader e potenti lo ascoltavano con rispetto, ma pochi avevano il coraggio di seguirlo davvero. Perché Francesco non parlava di una religione comoda, ma di una fede che obbliga a cambiare, a scomodarsi, a prendere posizione.

Ai lavoratori, ai poveri, agli emarginati ha lasciato non solo parole, ma una speranza concreta: la speranza che un mondo diverso sia possibile. E a chi lo ha considerato “un Papa troppo politico”, la storia risponderà con le sue stesse parole:

“Non è politica è Vangelo”

Fonte: https://www.collettiva.it/

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