A che punto è la notte? di ANBAMED

notte di guerra

Genocidio a Gaza
La carneficina israeliana a Gaza continua. Ieri sono stati uccisi due pescatori palestinesi mentre tentavano di guadagnarsi da vivere e sfamare le loro famiglie. Dopo la loro uccisione, le loro barche sono state colpite da raffiche di mitra e affondate. Il numero totale dei civili uccisi o scomparsi dall’inizio dell’aggressione ha superato la cifra di 65 mila. I feriti invece sono stati 111. 676.

Cisgiordania
Mentre continua l’offensiva su Jenin, due attacchi sono stati sferrati dall’esercito israeliano a Nablus e Tulkarem. Al campo di Askar è stato assassinato Adel Bashkar, 19 anni, colpito da una pallottola al torace. Al campo profughi di Nour Shams, invece, sono stati assassinati tre giovani palestinesi.

Dall’inizio dell’offensiva militare israeliana (21 gennaio), mirante alla cacciata dei palestinesi dalla loro terra per annetterla, a Tulkarem sono stati assassinati 11 civili, comprese due donne di cui una incinta all’ottavo mese ed un bambino di 7 anni. Nei comunicati militari israeliani, ripresi senza verifica dai giornalisti, scudo mediatico dell’occupazione, tutte le vittime sarebbero terroristi. Anche il bambino di 7 anni e la donna incinta all’ottavo mese.

Dall’inizio della guerra contro la popolazione di Gaza, in Cisgiordania l’offensiva israeliana ha ucciso assassinato 916 civili, di cui 183 bambini, e ferito oltre 7 mila persone. Dall’inizio del 2024, gli assassinati sono stati 81, di cui 11 bambini.
Scambio prigionieri e trattative

Avviene oggi il 6° scambio di prigionieri tra Hamas e Netanyahu

3 ostaggi in mano di Hamas e Jihad islamica sono stati consegnati, a Khan Younis, alla Croce rossa internazionale, nella consueta forma pubblica con palco, doni e ringraziamenti. I tre israeliani sono apparsi in buona forma dopo 480 giorni di prigionia. Nel pomeriggio saranno rilasciati 369 detenuti palestinesi dalle carceri israeliane.

Egitto e Lega araba
Il 20 febbraio si terrà a Riad un vertice di 5 paesi arabi (Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Qatar). All’ordine del giorno: come far fronte al criminale piano Trump di occupare Gaza e cacciarne la popolazione, per farne un affare immobiliare con lunga manus israeliana.

Tutti i paesi della conferenza sono legati mani e piedi alla politica imperialista degli USA. Dipendono dalla Casa Bianca per la fornitura di armi, per la protezione militare con la presenza di basi militari sul loro territorio (tranne Il Cairo) e per il sostegno politico e diplomatico in quanto questi paesi non hanno una legittimità democratica interna. Solo mettendosi insieme, ossequiosi alla corte del tycoon, potranno trovare la forza di ammorbidire le intenzioni di Trump e schivare le minacce di Tel Aviv.
Alla conclusione dell’incontro di Riad si conosceranno ufficialmente gli elementi della proposta egiziana per la ricostruzione di Gaza senza cacciarne la popolazione.

Conferenza di Doha
Si terrà a Doha (17-18-19 febbraio 2025) una conferenza palestinese, convocata da diverse realtà sia palestinesi che arabe, per discutere della rappresentanza popolare. È un’iniziativa che appare animata da intenzioni positive per realizzare una nuova unità palestinese, per rafforzare la risposta ai piani del sionismo religioso, rappresentato dal governo Netanyahu, di annessione totale della Palestina storica.

Ci sono migliaia di articoli di commento e di opinioni apparsi sulla stampa araba, ma non si evince da chi sia stata convocata. Malgrado le buone intenzioni, il rischio è che ci si perda in accuse reciproche tra le varie organizzazioni politiche, facendo cadere la rappresentanza politica del popolo palestinese intestata all’OLP.
Il fatto che ad ospitare l’assise sia Doha è un indice grave di condizionamento islamista della conferenza e delle sue eventuali risoluzioni. Il mancato coinvolgimento di Al-Fatah, l’organizzazione che detiene attualmente la gestione di OLP e ANP, è un dato pericoloso. Infatti sia Al-Fatah sia l’ANP hanno pubblicato comunicati di fuoco contro l’iniziativa definita “sospetta”.

Siria
Dalla Russia sono arrivati a Damasco su un cargo militare 300 miliardi di lire libanesi. Il governo siriano stampa la propria valuta in Russia. La Banca centrale siriana potrà affrontare la crisi di liquidità. È anche un segnale di distensione nelle relazioni tra Damasco e Mosca.

Rimane grave la situazione nel nord e nord est del paese. Oltre agli attacchi delle milizie islamiste filoturche, con il silenzio-assenso dei nuovi padroni di Damasco, la stessa aeronautica turca continua a martellare Kobane e le province autonome del Rojava. Alle attività belliche contro le zone autonome curde si aggiungono gli attacchi terroristici jihadisti.
Il campo profughi el-Hol dove sono raccolte le famiglie dei terroristi di Daesh (ISIS) rischia la chiusura. L’amministrazione Trump ha annunciato che non coprirà più i costi di gestione, mentre la maggior parte dei paesi europei si rifiutano di riprendersi indietro i loro cittadini.

Fonte: https://www.pressenza.com/it/

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