
Sulla base di un appello lanciato dal giornalista Michele Serra dalle pagine de La Repubblica, il partito europeista della guerra intende scendere in piazza il prossimo 15 marzo, con le bandiere blu dell’Unione Europea ma senza le bandiere arcobaleno della pace. Una impostazione che dice chiaramente come chi oggi auspica una “Europa più forte” sia del tutto incompatibile con le ragioni della pace e appiattito – in buona o cattiva fede – con la corsa al riarmo europeo e lo scontro frontale con la Russia.
Del resto questa impostazione da “volenterosi guerrafondai” traspare anche dalle righe dell’appello di Serra, ma con qualche dose di ipocrisia in più quando scrive: “Esiste ancora il concetto politico-strategico di “Occidente” nel quale sono cresciute le ultime generazioni di — appunto — occidentali? Che fine farà l’Europa, che oggi ci appare il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro, per giunta ricolmi di bombe atomiche?”.
Serra ignora, o fa finta di non sapere, che anche due potenze europee come Francia e Gran Bretagna dispongono di circa 500 bombe atomiche (rispettivamente 290 e 225) e che il futuro cancelliere tedesco Merz ha già fatto sapere che questo “tesoretto nucleare” andrà messo a disposizione del futuro esercito europeo e delle sue ambizioni.
Colpisce poi il silenzio, pluridecennale, sul fatto che in Italia di bombe atomiche statunitensi ce ne siano una novantina – stoccate ma operative – nelle basi militari di Ghedi ed Aviano, senza che questo abbia mai turbato i sonni degli “europeisti”.
“Sopravviverà la way of life europea a questa stretta, che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo ‘democrazia’, ovvero separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà religiosa e laicità dello Stato, pari dignità e pari serenità per chi è al governo e chi si oppone?” scrive ancora Michele Serra nel suo appello a difesa dei “valori occidentali” rappresentati dall’”Europa”.
Ma dal suo elenco di valori, guarda caso, sono scomparsi completamente quelli dell’uguaglianza e della giustizia sociale, che pure sono inscritti nella Costituzione antifascista.
Per onestà occorrerebbe ammettere che l’”Europa” – in realtà l’Unione Europea – edificata sulla base del Trattato di Maastricht nel 1992, prevedeva anche e proprio la competizione interna e la disuguaglianza sociale come parametri decisivi per la crescita economica. Michele Serra si è già dimenticato come questa Europa ha trattato la Grecia nel 2015?
La devastazione sociale, l’impoverimento e il boom di disuguaglianze prodotte nelle società europee in questi trenta anni di europeismo applicato tramite “austerità”, sono lì a dimostrare materialmente che i “valori fondativi” dell’Europa sono radicalmente antidemocratici. Si ispirano solo all’ordoliberismo e non prevedono il benessere dell’intera popolazione, anzi si alimentano del suo contrario, fino a quando questa contraddizione non è esplosa nel modo peggiore tra i piedi delle classi dominanti europee. Il dramma è che questo “dettaglio” glielo ha dovuto evidenziare addirittura un bruto fascista d’oltreatlantico.
Michele Serra insiste poi sulla contrapposizione tra Europa e autocrazie: “E se le autocrazie parlano semplice e parlano chiaro (e parlano falso a loro piacimento, grazie alla costante contraffazione tecnologica della realtà), quale linguaggio dovrà adottare l’Europa perché la sua voce non solo sia udibile, ma anche forte, convincente, seducente almeno quanto la voce dei suoi nemici?”.
Quello di Serra – ma non solo suo – è un argomentare da “Vispa Teresa”, come se in questi decenni l’Europa sia rimasta sempre la stessa e non abbia invece visto prevalere gli spiriti animali del capitalismo ordoliberale. Il patrimonio di credibilità “democratica e progressiva” dell’Europa è stato rapidamente consumato dal 1989 in poi, quando, venuto meno il bipolarismo USA/URSS, le classi dirigenti europee hanno dismesso ogni ambizione progressiva scegliendo la strada della condivisione con l’imperialismo egemone – quello USA – e della ambizione ad edificarne uno in proprio, ma con le stesse caratteristiche.
Nel sud del mondo – dall’Africa al mondo arabo-islamico, dall’America Latina all’Asia – l’Europa da tempo ha perso qualsiasi appeal e viene giudicata come un soggetto subalterno (agli USA) o altrettanto arrogante. Sarebbe sufficiente andare a vedere gli accordi di libero scambio che la UE ha imposto negli anni passati ai paesi africani oppure il sistematico affiancamento alle avventure militari in Afghanistan, Medio Oriente, Africa etc.
L’Unione Europea è poi l’interpretazione più ipocrita del “doppio standard” al quale il sud del mondo ha da tempo detto basta. Contro la Russia l’”Europa” ha adottato otto pacchetti di sanzioni, contro Israele neanche una. Non sono cose che passano inosservate, fuori dal presunto “giardino” occidentale. Non basta separare con i propri parametri (molto variabili) quelle che vengono definite “autocrazie” o “democrazie” per giustificare inaccettabili differenze di trattamento.
Infine, e non certo per importanza, chi il 15 marzo in piazza, e ogni giorno nei talk show, invoca una Europa “più forte“, è pienamente consapevole e corresponsabile del fatto che oggi la misura di questa forza si dà sul piano del riarmo, delle spese militari, degli armamenti e della disponibilità a utilizzarli, anche rischiando la guerra – oggi contro la Russia, domani magari nel Mar Rosso o viceversa.
Proprio in Europa e nelle sue classi dirigenti sta emergendo una vocazione guerrafondaia che fa impallidire sia gli USA che le “autocrazie”. Eppure proprio l’Europa è stata il teatro principale delle tragedie belliche del XX° Secolo.
E’ per queste ragioni che chi scenderà in piazza il 15 marzo con le bandiere blu dell’Europa va ritenuto corresponsabile delle tragedie del recente passato e che si vanno delineando negli scenari futuri. Verso costoro nessuna indulgenza.
Fonte: https://contropiano.org/