di Andrea Puccio
La mia prima visita a Cuba risale al lontano 1997 ed ogni anno ho continuato a visitare l’isola caraibica assistendo in prima persona ai numerosi cambiamenti che nel tempo si sono verificati.
Parlare di Cuba per me è estremamente facile perché credo di conoscere la isla grande come le mie tasche, ma per questo talvolta do per scontate molte cose che in verità non lo sono.
Lo scorso anno, come faccio del resto da una decina di anni, passo a Cuba circa la metà dell’anno. Sono partito a gennaio del 2020 quando l’epidemia da corona virus era appena iniziata in Cina, ma da noi ancora non erano stati rilevati casi di contagio.
A Cuba i primi tre casi furono registrati l’11 marzo, quando tre turisti italiani giunti un paio di giorni prima sull’isola, risultavano positivi al Covid 19. Lo stato cubano ha messo in atto con una tempestività impressionante tutta una serie di misure atte a prevenire la diffusione del virus tra la popolazione. Perché a Cuba, a differenza del nostro Paese, esistono piani pandemici regolarmente aggiornati
Non mi voglio soffermare sulle varie misure messe in atto dal governo cubano in quei momenti ed in quelli successivi ma su come io, viaggiatore straniero, ho vissuto la mia successiva permanenza sull’isola che è durata per altri cinque mesi.
Restare a Cuba dopo la comparsa del virus, per me, non è stato un grande problema perché fin dal primo giorno mi sono sentito protetto dallo Stato e le misure di restrizioni a cui dovevo attenermi non mi sono mai sembrate un’imposizione, ma il modo con cui uno Stato che dà priorità alla persona (e non al profitto a tutti i costi), garantisce la salute all’insieme dei cittadini.
La completa gestione pubblica, universale e gratuita della sanità, permette che non ci siano sovrapposizioni tra i vari livelli dello Stato e le diverse competenze. Le provincie a Cuba hanno autonomia, ma le decisioni prese a livello statale, durante una crisi come quella pandemica, non possono essere appellate e vanno messe in atto senza discussioni.
Ogni mattina alle 9 la televisione trasmetteva la conferenza stampa del dottor Francisco Duran Garcia in cui veniva tracciata la situazione epidemiologica di tutto il Paese. Venivano resi noti i dati dei contagi e degli eventuali decessi del giorno prima e i cubani restavano attaccati al televisore per conoscere se nella propria città ci fossero state persone contagiate.
Non era un problema restare in casa o uscire con la mascherina perché vedevo che la popolazione stava rispettando le direttive impartite dalle autorità sanitarie. I cubani rispettavano le misure di protezione individuali, perché sapevano che tali limitazioni servivano per prevenire la diffusione del virus.
Io abito a Trinidad, una città di circa 45 mila abitanti nel centro dell’isola, dove tra l’altro si sono verificati i primi tre casi di contagio e da Trinidad non mi sono mosso perché le disposizioni sanitarie impedivano la circolazione delle persone tra le città. Nei 4-5 mesi successivi non si sono registrati altri casi di contagio, ma nonostante ciò le autorità non hanno abbassato la guardia e i trinitari hanno continuato, salvo poche eccezioni, a rispettare le disposizioni sanitarie impartite dal Ministero della Salute.
Una volta ritornato in Italia…
nei primi giorni di agosto, ho notato subito che gli italiani trascuravano, con una superficialità davvero incredibile, le conseguenze che il virus poteva causare loro. Ricordo le polemiche sulla chiusura delle discoteche, sulle limitazioni alla circolazione delle persone e sulla limitazione del proprio diritto a andare in vacanza.
Inoltre a Cuba, a differenza dell’Italia e degli altri paesi occidentali, non esistono persone che mettono in dubbio ad esempio l’uso delle mascherine di protezione, insomma non esistono gruppi no mask come da noi, neppure tra i gruppi controrivoluzionari che usano qualunque avvenimento per dissentire da quanto il governo dispone.
Non vengono neppure messe in discussione le opinioni espresse dal comitato scientifico perché la popolazione ha fiducia nei medici e nel personale scientifico.
Forse questa fiducia nasce dal fatto che, essendo l’economia statale, non vi è il rischio che quando un medico o uno scientifico esprime un’opinione possa avere un interesse privato.
Nell’isola caraibica non mi sono mai sentito in pericolo uscendo di casa, nel mio Paese invece o ancora timore a recarmi in luoghi in cui ci siano molte persone.
Mi sembra che il governo non stia facendo tutto il possibile per garantire la salute ai suoi cittadini, una nazione come Cuba invece, nonostante tutti problemi che giornalmente a causa del blocco economico subisce, ha da sempre, ma non solo in occasione di questa pandemia, dato priorità alla salute della persona.