Alle ore 1:23 del 4 agosto 1974, una valigetta piena di esplosivo posta sotto un sedile fa saltare in aria la quinta carrozza dell’Espresso 1486 che collega Roma con Monaco di Baviera, uccidendo 12 persone e ferendone altre 48: era la strage neofascista dell’Italicus.
A 5 anni dalla Strage di Piazza Fontana e a pochi mesi da quella di Piazza della Loggia il terrorismo di matrice neofascista proseguiva la sua azione stragista col chiaro intento di favorire una svolta reazionaria della politica nel nostro Paese sempre più scosso dalle lotte operaie che lo attraversavano. La strage del treno Italicus, con l’esplosione occorsa in una galleria nei pressi di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), fu rivendicata sin da subito dal gruppo eversivo neo-fascista Ordine Nero, che in un volantino ritrovato a Bologna il 5 agosto se ne intestava la paternità. Le indagini giudiziarie degli anni successivi vennero portate avanti tra depistaggi, disinformazione e vari tentativi di insabbiamento consentendo l’impunità sia per gli esecutori sia per i mandanti della strage. Dopo 47 anni, tuttavia, è emerso da diverse indagini indipendenti il coinvolgimento degli apparati dello Stato, dei servizi e la loggia P2 che, utilizzando la manovalanza fascista, hanno tentato di tutelare col terrore gli interessi della borghesia italiana.