di Edgar Göll – Pressenza Berlin
Un progetto finanziato dal DAAD, il Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico. La partnership apre le porte che erano state chiuse dal blocco degli Stati Uniti ed è in programma anche una cooperazione con la Cina.
L’Università dell’Avana sarà una delle due sedi latinoamericane di una cooperazione internazionale di ricerca sul Covid-19 e altre malattie infettive. La collaborazione è stata denominata “German-Latin American Centre of Infection & Epidemiology Research and Training” (Glacier). Come seconda sede in America Latina è prevista l’Università Nazionale Autonoma del Messico (Unam).
I partner della rete tedesca sono la Charité di Berlino, l’Istituto Leibniz di Biochimica Vegetale e l’Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg. Fa parte della rete Glacier anche l’Istituto cubano Finlay responsabile dello sviluppo del vaccino Soberana 02.
Glacier è uno degli otto “Centri Globali” finanziati con risorse del Ministero degli Esteri dal Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico (DAAD) in Asia, Africa e America Latina. Oltre a Cuba e Messico sono coinvolti anche Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador, Guatemala e Honduras.
Glacier ha lo scopo di collegare le istituzioni con i settori importanti per la salute pubblica nella lotta contro le pandemie. Esperti in varie discipline come la virologia, la ricerca sui farmaci e le scienze sociali, lavorano insieme su temi quali la prevenzione e la cura delle malattie, la ricerca avanzata sui vaccini, la formazione universitaria nei relativi settori, e il coinvolgimento delle organizzazioni governative e non in iniziative, nelle prospettiva delle scienze sociali sul fenomeno biosociale della pandemia.
Il progetto rappresenta per Cuba, che è molto avanti nella ricerca sui vaccini, un allentamento del blocco economico imposto dagli Stati Uniti, dato che le sanzioni statunitensi hanno molto limitato lo sviluppo di vaccini durante la pandemia. Le aziende che da decenni vendono materiali e attrezzature a partner cubani si sono molto preoccupate a causa delle sanzioni più severe stabilite dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump in violazione del diritto internazionale, temendo di perdere il commercio con il Nordamerica. Lo riferisce Vicente Vérez Bencomo, direttore generale dell’Istituto Finlay, in un’intervista alla rivista Nature.
Tuttavia, gli esperti cubani ritengono che Cuba possa diventare il primo paese latinoamericano a sviluppare il proprio vaccino contro il Covid-19 e a produrlo in massa. Il sistema produttivo è già in fase di riorganizzazione per poter ottenere entro quest’anno circa dieci milioni di dosi al mese.
L’Istituto Finlay sta attualmente testando il vaccino di richiamo “Soberana Plus”. “Questo vaccino è stato progettato per stimolare nuovamente l’immunità in origine sviluppata in seguito a una precedente infezione”, ha riferito Bencomo.
Nel frattempo, Cuba è coinvolta anche in altre proficue collaborazioni internazionali sulla ricerca. Ad esempio, scienziati cubani e cinesi stanno cercando di mettere a punto un potenziale vaccino generico che protegga da vari tipi di Coronavirus e dalle sue possibili nuove varianti.
“Tutte le previsioni e le teorie scientifiche fanno ritenere che, purtroppo, subiremo nuove epidemie come logica conseguenza dell’aumento della popolazione mondiale, degli allevamenti di animali e degli spostamenti delle persone”, afferma il Dott. Gerardo Guillén, direttore della Ricerca Biomedica presso l’Istituto di Genetica e Biotecnologie (CIGB). “Abbiamo imparato dagli eventi degli ultimi anni e saremmo ingenui se non ci preparassimo a possibili nuove emergenze. Anche la Cina ne è consapevole”.
La possibilità per gli esperti cubani di fare ricerche in Cina è di notevole importanza, in quanto permette l’accesso a tecnologie, materiali e altre risorse avanzate. Attualmente non è possibile farlo a Cuba a causa della grave crisi economica e dell’inasprimento dell’embargo statunitense. “Il blocco economico è un’enorme limitazione”, afferma Guillén. Cuba deve pagare “il doppio, triplo o quadruplo” per le materie prime, “perché non possiamo ottenerle direttamente dagli Stati Uniti, che è il mercato più vicino e dove vengono prodotti la maggior parte dei componenti di cui abbiamo bisogno”.
Traduzione dal tedesco di Barbara Segato. Revisione di Thomas Schmid.