a cura di Clara Treves
Donne cubane: un’identità insorgente
1) Clara Treves: Come nasce l’idea di scrivere un libro sulle donne cubane?
Effettuai il mio primo viaggio, a Cuba, nel lontano 2011. Fu un viaggio improvvisato ed avventato: avevo pochi denari, pochi contatti e tanta curiosità. Eppure, a dispetto di ogni pronostico: fui accolta a braccia aperte e riuscii a soddisfare tutte le mie curiosità, nonché a tessere i primi importanti contatti, in breve tempo. Cuba mi colpì molto: per l’ estrema generosità del suo popolo e per la sua bellezza paesaggistica. Durante il viaggio, conobbi l’ex guerrigliera e attivista femminista Maria Teresa Pena Gonzalez, autrice di diversi saggi brevi sull’ emancipazione e la libertà femminile e le ingerenze clericali che, spesso, limitano la libertà delle donne, nonché la storica e pedagogista Acela Caner Roman, autrice del saggio biografico “Voci di donne cubane. La Tía Angelita e le altre” (Blu Edizioni, 2003). Ero in realtà, da diverso tempo, un’attivista per i diritti femminili e, nonostante la scarsezza del materiale e una certa “omertà” che avvolge l’argomento (soprattutto in Italia: persino le associazioni “pro-Cuba” tendono a non dare un’adeguata visibilità e spazio al dibattito femminista cubano), sospettavo che a Cuba vi fosse un femminismo molto vivace e attivo. Il primo viaggio confermò a pieno tutti i miei sospetti: scoprii che sia nelle Accademie cubane, sia all’ interno di istituzioni importanti come La Casa de las Americas, sia all’ interno della FMC, sia all’ interno del CENESEX, il dibattito femminista cubano è piuttosto attivo e vivace. Persino a dispetto dell’isolamento internazionale e della scarsità del materiale bibliografico, reperibile sull’ argomento. Tuttavia, le intellettuali e le attiviste femministe cubane riescono comunque ad aggiornarsi adeguatamente e a porre, all’ attenzione internazionale problemi di vitale importanza inerenti alla condizione femminile, nonché la loro agenda. Il femminismo, a Cuba, come in qualsiasi parte del mondo, è suddiviso in varie “scuole” e “correnti”, spesso con approcci diversificati verso la politica e varie “questioni nodali”. La FMC è stata, spesso, accusata di soffocare la vivacità ideologica e intellettuale che contraddistingue il femminismo internazionale, e di essere poco aggiornata ed informata su problematiche di vitale importanza come la “violenza di genere” e il fenomeno del femminicidio. Io ritengo che la FMC abbia grandi e importanti meriti storici: le cubane, oggi, sono tra le donne più emancipate dell’America Latina, grazie proprio al duro lavoro effettuato dalla FMC, in questi ultimi anni. Io penso che, nonostante la “lentezza” e la “legnosità” che contraddistingue l’istituzione femminile cubana, essa sia riuscita a filtrare quelle che sono le istanze più genuine ed autentiche del femminismo cubano (limitando pericolose scorie “liberal” e liberiste da importazione nel territorio) e sia riuscita anche a recuperare, velocemente, il “gap” informativo su delicate questioni nodali come la “violenza di genere” e il “femminicidio”. Il sito ufficiale della FMC e le pubblicazioni della FMC, ultimamente, sono molto concentrati nello studio e nelle analisi di queste scottanti problematiche. Nell’ arco degli anni, anche dopo il mio secondo viaggio a Cuba, effettuato nel 2017, durante il mio Dottorato di Ricerca in Lingue, Letterature e Formazione, presso l’Università di Tor Vergata a Roma, ho continuato a riscontrare, sul territorio italiano, numerosa disinformazione sulla condizione femminile a Cuba, nonché la circolazione di vari e preoccupanti stereotipi, cliché e luoghi-comuni. Per di più scarso materiale, scarsa documentazione e persino scarso dibattito sul tema. Questo accade sia a livello Accademico (cosa estremamente inquietante: dagli “accademici” ci si aspetterebbe almeno un minimo di etica e di onestà intellettuale), sia a livello divulgativo (sui siti turistici, sui siti di informazione, sui siti di solidarietà per Cuba, etc.). Ho addirittura notato una sorta di “muro di gomma”: la volontà, da parte sia della destra che della sinistra italiana, di continuare a dipingere l’isola come una nazione “machista” in cui le donne restano meri oggetti sessuali. Dopo aver conseguito il mio dottorato, ho deciso di colmare questo importante “gap” informativo sul territorio italiano. Eppure, avevo già pubblicato decine e decine di articoli divulgativi, sui siti e sui blog più disparati. Ho deciso inoltre di scrivere il primo saggio italiano che ripercorre la storia dei movimenti femministi e femminili cubani, dal secolo XIX fino a nostri giorni. Cuba, ha avuto, sul suo territorio e nell’ arco di due secoli, più di 800 organizzazioni femminili e femministe di ogni genere e orientamento politico. La maggioranza di esse sono state raggruppate all’ interno della FMC. Ma vi sono, tuttavia, nuovi e diversi gruppi femministi, nella maggioranza dei casi “accademici”, che indagano scientificamente le problematiche “di genere”. Il mio saggio è stato dedicato alla memoria dell’accademica Acela Caner Román, deceduta il 10 dicembre 2019 a La Habana, all’ età di 77 anni.
2) Clara Treves: Cosa ha fatto la Rivoluzione Cubana per le donne e cosa le donne cubane hanno fatto per la Rivoluzione?
In pochi conoscono il fondamentale contributo delle donne cubane alla rivoluzione di Castro e Che Guevara. Dopo la vittoria dell’esercito ribelle, le idee rivoluzionarie ebbero, in realtà, un fortissimo impatto sulle politiche di genere del Paese caraibico, e camminarono sulle gambe di donne combattenti, vere e proprie eroine della rivoluzione. Sia il famoso attacco al Cuartel Moncada del 1953, che precedette la Rivoluzione, sia la guerriglia nella Sierra Maestra videro una grande partecipazione di donne combattenti, come Vilma Espín, María Antonia Figueroa, Asela de los Santos o Gloria Cuadras. Il 4 settembre 1958 venne ufficializzato il coinvolgimento delle donne in maniera strutturale nella rivoluzione, con la formazione dell’iconico Plotone Mariana Grajales. Fu il primo plotone tutto al femminile e si lega simbolicamente al nome di una patriota rivoluzionaria del XIX secolo, icona della ribellione e del patriottismo delle donne in lotta per l’indipendenza cubana. Las marianas – così erano chiamate le ragazze vestite verde oliva – erano quasi tutte attive da prima del 1958, ma quello fu un passaggio fondamentale che aprì la strada a un riconoscimento formale delle donne nelle gerarchie rivoluzionarie. Fidel era convinto dell’importanza di “armare” le donne, tanto che poi il Pelotón si trasformò nella sua guardia personale. Isabel Rielo ne era al comando e tra le 13 donne che lo componevano figura anche Teté Puebla, in seguito nominata Colonnella e poi Generale di Brigata nelle forze armate rivoluzionarie. Fu la prima donna Generale di Cuba.
Lo storico discorso in cui Fidel Castro pronunciò le parole “La storia mi assolverà” – futuro manifesto del Movimiento 26 de Julio – divenne pubblico grazie alla rielaborazione e diffusione di Melba Hernández e Haydee Santamaría. Le due rivoluzionarie, Insieme a Teté Puebla, furono fondatrici del Partito Comunista Cubano e successivamente rivestirono rispettivamente le cariche di deputata dell’Assemblea Nazionale e di Ministra dell’educazione. Nel discorso pronunciato il 1° gennaio 1959, Castro definì le discriminazioni affrontate dalle donne nella società cubana come una delle questioni rivoluzionarie che richiedevano “più tenacia, fermezza, costanza e sforzo”. Da questo approccio, cominciò un percorso che portò le donne cubane a vincere sfide cruciali in tempi piuttosto rapidi, anche grazie a basi di partenza già avanzate. Infatti, le leggi che aboliscono la patria potestà, introducono il divorzio e il suffragio femminile nel Paese risalgono rispettivamente al 1914, 1917 e 1936. Nel 1960 venne fondata la Federazione delle Donne Cubane (FMC), sintesi di circa 800 associazioni femminili preesistenti e strutturata come una vera e propria organizzazione di massa allo scopo di difendere le idee rivoluzionarie e i diritti delle donne cubane. Fondatrice e presidente della Federazione, fino alla sua morte, fu Vilma Espín, guerrigliera dell’esercito ribelle, membro del comitato centrale del Partito Comunista Cubano e moglie di Raúl Castro. È stata l’immagine simbolo della guerrigliera e con la FMC – che oggi conta oltre cinquemila organizzazioni e 300 mila volontarie – si batté, tra le altre cose, per strutturare una rete di supporto alle donne lavoratrici (con gli asili e l’orientamento occupazionale). Tra i successi legislativi della Federazione ci sono la legge che ha depenalizzato l’aborto (prima in America latina, nel 1965) e quella che ha inserito nel codice penale il reato di discriminazioni basate sul genere (articolo 295), che aprì alle donne la porta di tutti gli uffici pubblici e tutte le gerarchie delle forze armate.
L’elenco di donne che furono parte attiva della rivoluzione castrista e che contribuirono materialmente alla costruzione di quella che è l’attuale società cubana è corposo e certamente rappresentativo di una partecipazione attiva e riconosciuta (seppur confinata nell’immaginario romantico della rivoluzione). Al punto che Fidel Castro, in chiusura della V Plenaria Nazionale della FMC dichiarò: “Se ci chiedessero cosa ci ha insegnato la Rivoluzione, risponderemmo che una delle lezioni più interessanti che noi rivoluzionari stiamo ricevendo è quella che ci stanno dando le donne”.
3) Clara Treves: Che differenze trovi tra le donne cubane e le donne italiane o europee, più in generale?
Nel corso degli anni, ho notato che tanti italiani e tante italiane (non solo villeggianti, blogger, comunicatori, attivisti-politici, semplici curiosi o giornalisti), tornati dalle vacanze trascorse a Cuba, mostrano un grande entusiasmo e passione per il Paese che hanno appena visitato e per la sua gente. Aggettivi come “meravigliosi”, “gentili”, “amichevoli” si sprecano nel descrivere gli abitanti del posto, e la visione generale che ne esce è decisamente positiva. L’ impressione diffusa, è quella di un popolo vitale, solare, socievole, generoso e amichevole. L’ impressione riguarda anche le donne che, esattamente come gli uomini, utilizzano le loro abilità sociali e comunicative (quelle che ultimamente vengono denominate come “soft skills”) e la loro sensualità per tessere rapporti sociali, economici, politici, sentimentali e sessuali con europei e nord-americani e uscire così dall’ isolamento mediatico, culturale ed economico imposto dal Bloqueo statunitense. Si tratta certamente di una strategia di sopravvivenza ma, certamente, i cubani e le cubane ne sono diventati maestre/i. Le donne cubane, esattamente come i loro omologhi maschili, sono persone comunicative, sorridenti, socievoli, sensuali ma anche molto colte ed scaltre. Le loro relazioni con gli europei sono tuttavia spesso “interessate” (in molti casi, ma non in tutti i casi e non sempre). Nondimeno, è importante notare che, soprattutto le donne cubane, mostrano capacità relazionali, organizzative e “pratiche” notevoli, in ogni aspetto della vita civile e sociale. Questi particolari saltano subito all’ occhio. La donna cubana, al contrario della donna europea o nord-americana, è l’erede di una civiltà che, per secoli, ha subito ogni genere e forma di colonialismo e di duro schiavismo. Nondimeno è anche l’erede di una civiltà che è stata in grado di riscattarsi, anche in perfetta solitudine, da condizioni estremamente dure ed estremamente difficili, grazie soprattutto alle numerose rivolte e alle numerose rivoluzioni (che hanno inondato l’isola, attraverso i secoli), in cui le donne hanno sempre giocato ruoli piuttosto dinamici ed attivi. Ho notato, infatti, che le donne cubane, generalmente, coltivano passioni intellettuali e culturali che, in Italia, sarebbero definite “maschili”: dalla passione per le discipline STEM, alla passione nello sviscerare tematiche legate alla geostrategia, alla geopolitica e alla macroeconomia. La donna cubana è perfettamente consapevole di essere pari all’ uomo, intellettualmente ma anche sotto un profilo pratico e manuale. Coltiva questa profonda convinzione (che ancora fatica a farsi strada tra le donne italiane e europee) e, tuttavia, non rinuncia alla sua sensualità. Se dovessi tracciare un simbolo rappresentativo della donna cubana: sarebbe quello della rivoluzionaria Celia Sanchez, con fiori tra i capelli e il fucile in mano. Personalmente, trovo la compagnia delle donne cubane, intellettualmente, piuttosto stimolante ed intrigante.
Ecco spiegato il profondo “senso pratico” delle donne cubane, nonché la loro concretezza, il loro realismo e la loro tenacia. Inoltre, la donna cubana è l’erede di una spiritualità animista, più che di una spiritualità cattolica: l’animismo è una forma di spiritualità assolutamente paritaria, in cui il principio femminile e il principio maschile sono in perfetto equilibrio complementare, senza assurdi giochi di “sottomissione” e senza assurde gerarchie sessuali.
Ammetto che io sono tra le persone che raccontano quasi solo le esperienze positive trascorse a Cuba, perché effettivamente mi è quasi sempre andata bene nel relazionarmi sia con la realtà di Cuba, che con le persone cubane. Vi sono anche individui che raccontano di pessime esperienze con l’Isola e con le persone del posto (donne e uomini). Non è il mio caso. Questo accade perché la realtà dell’isola e la cultura del posto sono, per molti aspetti, agli antipodi con la nostra realtà. Perciò, si ama follemente l’isola se si cercano realtà insolite, diverse ed antitetiche alle nostre (e questo i cubani lo comprendono al volo). Mentre chi cerca, a Cuba, solo una brutta copia dell’Italia del sud, della Grecia (o di qualsiasi altro paese decadente del sud Europa) incontrerà molte difficoltà, anche perché i cubani lo comprendono al volto e mostreranno perciò solo il loro aspetto più meschino e interessato.
4) Clara Treves: Cosa pensi del blocco economico e finanziario contro Cuba? Crede a riguardo che le donne cubane, con la loro inventiva e creatività, facciano tanto giornalmente per limitarne gli effetti?
Sono trascorsi sessant’anni da quando è cominciato il blocco statunitense contro Cuba, dichiarato ufficialmente attivo dal governo di John Fitzgerald Kennedy il 7 febbraio del 1962, mentre politiche e azioni di blocco erano già state intraprese dal 1959, poco dopo la vittoria della Rivoluzione, sul regime filostatunitense di Batista. I problemi causati dal Bloqueo sono enormi, come evidenzia il rapporto che il Ministero degli Affari Esteri cubano stila annualmente. L’ultimo report, oltre a rilevare l’ostilità sostenuta dalla vecchia amministrazione statunitense di D. Trump e il continuo ricorrere a false accuse di violazione di diritti umani per giustificare il blocco, afferma che da aprile 2018 a marzo 2019 i danni economici causati da esso sono stati equivalenti alla perdita di più di 4,3 miliardi di dollari. I danni totali nei sei decenni di applicazione del bloqueo invece, calcolando anche il deprezzamento del dollaro, equivalgono a quasi 139 miliardi di dollari. Tutto ciò causa un’ enorme stagnazione dello sviluppo dell’economia socialista cubana e al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile che il paese si è dato per il 2030, oltre al superamento delle difficoltà riguardanti il presente. A questi danni, si aggiunge la sopraggiunta epidemia da Covid-19, che ha reso ulteriormente difficile il già complicato approvvigionamento di carburante e di medicine. Come si è potuto vedere con gli ultimi avvenimenti, questa situazione problematica non si è attenuata di fronte all’emergenza sanitaria, ma ha proseguito nonostante le denunce pervenute da più parti del mondo, contro la violenza perpetrata dagli Stati Uniti. Questa situazione stagnante e di profondo soffocamento, ha reso la vita delle donne molto difficoltosa e dura: sono costrette a sobbarcarsi, senza adeguati mezzi e strumenti, tutti i problemi quotidiani delle loro famiglie, problemi pratici ed economici di qualsiasi genere. Inoltre, ha reso insostenibile la vita, già complicata, dei bambini affetti da patologie oncologiche o altre malattie rare. Il Bloqueo rappresenta una chiara violazione dei diritti umani, in quanto colpisce chiaramente la popolazione civile più fragile, gli inermi: le madri di famiglia, i bambini, gli anziani e tutte le persone affette da patologie oncologiche, da anemia o da altre malattie rare.
5) Clara Treves: Il 27 marzo 2021 è stata organizzata la carovana mondiale contro il blocco genocida degli Stati Uniti contro Cuba: hai aderito alla campagna? In che modo sei stata attiva?
Purtroppo, la situazione dettata dalla pandemia e il conseguente lockdown ci ha impedito di essere fisicamente attivi. Perciò ho deciso di esserlo “virtualmente”: assieme alle Associazioni di cui faccio parte, Para un Principe Enano di Jesi e la Villetta per Cuba, presente e attiva a Roma, abbiamo realizzato una serie di video a sostegno di Cuba e di meme, da far girare in rete. Anche il partito di cui faccio parte, Convergenza Socialista, è stato estremamente attivo: con meme e video ritracciabili direttamente sul suo profilo YouTube.