LA GUERRA MONDIALE A RATE: ORA TOCCA A ISRAELE E HAMAS – di Gad Lerner

ISRAELE - HAMAS

La terribile umiliazione inflitta da Hamas all’apparato di sicurezza israeliano è un voltapagina imprevisto nel conflitto mediorientale, gravido di conseguenze drammatiche anche nei futuri equilibri internazionali. Lo Stato ebraico mai aveva contato tante vittime civili, tra morti e feriti, in un solo giorno; né tante persone cadute in ostaggio di commandos votati certo a sconfitta sicura, ma che intanto hanno dimostrato che nessuna tecnologia basta a sigillare per sempre una striscia di territorio densamente popolato come Gaza. La questione palestinese, che perfino l’Arabia Saudita si apprestava a sottomettere alla convenienza di un accordo con Israele, riesplode nel sangue. E non basterà agli israeliani che il governo Netanyahu scateni una risposta militare senza precedenti. Perché ieri hanno dovuto constatare la gravissima sottovalutazione del potenziale militare di Hamas da parte di un governo estremista concentratosi a bersagliare i palestinesi di Cisgiordania: replicandovi incursioni sanguinose; concedendo mano libera alle spedizioni punitive dei coloni; delegittimando l’Anp a vantaggio di una nuova generazione di terroristi nella convinzione di poterli schiacciare facilmente.

La risposta lungamente preparata da Hamas è una vendetta spettacolare che barbaramente non distingue fra militari e civili. Santifica una guerra feroce in cui all’intero popolo israeliano viene negato il diritto all’esistenza. Al tempo stesso, rivela la fragilità del Patto di Abramo stipulato da Israele con le ricche petromonarchie del Golfo, tanto è vero che gli Hezbollah libanesi, nel loro comunicato di sostegno all’operazione “Tempesta al-Aqsa”, diffidano chi nel mondo arabo cerca di normalizzare le relazioni con il nemico. Sapremo presto se il fronte occidentale riuscirà a scongiurare defezioni tra i regimi arabi suoi alleati, o se gli sviluppi della guerra iniziata con lo sfondamento della barriera di Gaza consentirà a Hamas di trovare nuovi sostenitori in Turchia, in Qatar, chissà dove.

Ma intanto su Israele torna a incombere un doloroso sentimento di vulnerabilità. Mezzo secolo fa, nel 1973, l’impreparazione rivelata di fronte all’attacco arabo nel giorno di Kippur avviò la crisi della classe dirigente laburista, soppiantata pochi anni dopo dalla destra del Likud. Il Paese però restava compatto al suo interno. Oggi invece è dilaniato dalla protesta popolare contro la svolta autoritaria voluta dal governo Netanyahu. Difficilmente verrà perdonata a Bibi la clamorosa inadeguatezza del sistema difensivo. I partiti di opposizione fanno appello all’unità contro l’aggressore. Ma anche se dovessero arrivare a un governo di unità nazionale, riesce davvero difficile immaginare come possa funzionare. Tanto più se, Dio non voglia, i ministri dell’estrema destra convincessero il premier a estendere la controffensiva, oltre che a Gaza, anche in Cisgiordania. L’allargamento del conflitto sugli altri confini di Israele, o addirittura nelle sue regioni a maggioranza araba, resta non sembra imminente, ma le guerre si sa come cominciano e non come finiscono. L’umiliazione subita ieri, il dramma degli ostaggi catturati da Hamas e Jihad islamica, non evidenziano solo la fragilità di un esecutivo guerrafondaio incapace di valutare la forza del nemico. Di colpo è Israele nel suo insieme che vede svanire l’illusione di convivere con la ferita aperta della questione palestinese. O meglio, che a tenerla sotto controllo bastasse la superiorità economica, tecnologica, militare. È questo il grande “non detto” dell’Israele democratica che da dieci mesi scende in piazza per difendere la sua democrazia pericolante ma – per non dividersi – elude la questione palestinese. Cinquantasei anni di occupazione militare e colonizzazione dei territori avevano convinto i più che si potesse conservare la democrazia domestica nel mentre si negava ai vicini di casa il diritto all’autodeterminazione. Rimuovere tale contraddizione ha alimentato il fanatismo religioso e il terrorismo fra i palestinesi. Fino alla sconvolgente rivelazione di ieri.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it

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