Le due piazze e il futuro della sinistra – di Tomaso Montanari

Man 5 aprile

La manifestazione per la pace convocata a Roma dal Movimento 5 Stelle, e aperta a tutte e a tutti, è stata un successo: certo nei limiti dell’attuale paralisi collettiva.

Mentre i capi dell’Europa predicano la guerra, la annunciano come imminente, la usano come una clava per disciplinare le loro opinioni pubbliche, la cosa strana è che in piazza non scendano milioni di europei. Al netto delle buone intenzioni di tanti partecipanti, le piazze romana e bolognese di Michele Serra e di Repubblica non sono invece andate in questa direzione: le bandiere della pace vi sono state accolte, ma certo non erano richieste. Da un punto di vista politico, mentre queste piazze hanno guardato al Pd così com’è, ad Azione, a Italia Viva e ai lettori di Repubblica, la piazza 5 Stelle si apriva a un pezzo di Pd, alla piccola sinistra parlamentare, ai movimenti pacifisti, a una parte dell’associazionismo cattolico e a quello di sinistra, ai lettori del Fatto e del manifesto.

Come è evidente, c’è dunque un partito che deve fare una scelta: ed è il Partito Democratico. La presenza della segretaria da Michele Serra, la sua assenza da Giuseppe Conte sembra delinearne una, ma almeno alcune delle più recenti posizioni di Elly Schlein (dal sostegno ai referendum, alla critica al riarmo europeo, per quanto contraddittoria) sembrano invece indicare l’altra strada. La profonda diversità di queste piazze, ed eventi imbarazzanti come il congresso di Azione, hanno plasticamente mostrato l’ovvio: e cioè che nel Pd ci sono due partiti. Quello di Bonaccini, Gentiloni, Guerini, Gualmini, Letta, Zanda e tanti altri non ha nulla a che fare con quello che hanno delineato gli elettori di Schlein alle primarie: mentre ha molto a che fare con Azione e Italia Viva, con la guerra e con la conservazione del mondo com’è.

È opportuno che accadano gli scandali, dice il Vangelo: la divisione in due del Pd è cosa fatta sul piano culturale e politico, se si avesse il coraggio di prenderne atto potrebbe forse partire la costruzione di una sinistra plurale. Una sinistra che poi potrebbe – temo dovrebbe – dialogare con chiunque non sostenga la democratura messa in cantiere dai fascisti di governo: perché non credo che la democrazia italiana reggerebbe ad un loro secondo mandato. Ma tutto questo viene dopo la possibilità di delineare una minima fisionomia di sinistra: pacifista, decoloniale, davvero ambientalista, non schierata per la supremazia occidentale, ancorata al progetto sociale della Costituzione. Al netto di posizioni che non condivido per nulla (su tutte quella relativa ai migranti) il Movimento 5 Stelle di Conte sta premendo in questa direzione: e questa è una buona notizia.

Quanto alla manifestazione di sabato scorso, l’astio, il silenzio, la censura sparsi a piene mani dai media mainstream (fino all’incommentabile distillato d’odio elaborato da Stefano Cappellini su Repubblica) confermano che chiunque creda nella pace, chiunque avverta la vicinanza del baratro della guerra, ha oggi un chiaro dovere: parlare, ovunque questo sia possibile. Il ripudio della guerra, che i governi hanno espunto di fatto dalla Costituzione, oggi vive nelle piazze d’Italia, sulla bocca e sulle gambe di chi non si rassegna al fatto che il destino della generazione dei nostri figli sarà identico a quello dei nostri nonni. Se è ancora possibile evitarlo, l’unico modo è fare più chiasso possibile.

Fonte: https://volerelaluna.it/

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