CUBA: 1° gennaio 1959 il perchè della Rivoluzione? di Ángel Freddy Pérez Cabrera

Cuba: Prima della Rivoluzione

La determinazione d’imporsi a qualsiasi ostacolo s’interponga nel cammino della sovranità e dell’indipendenza fu quello che portò Fidel a a fare una Rivoluzione, 66 anni fa.

María Cabrera diceva sempre che non le bastavano le lacrime per piangere la perdita del suo piccolo Luis, morto a soli otto mesi per una severa disidratazione motivata da scariche di vomiti e diarree.
Cercare il denaro per poter cercare il medico che si trovava a diverse leghe dalla fattoria El Rincón, vicino al villaggio di Vega Alta, in Camajuaní, dove viveva la famiglia, le costò il tempo che la malattia non perdonò.
Poi vennero altri figli, ma la ferita provocata dalla morte del suo primogenito non si curò mai.  
In quel luogo inospitale e desolato, l’umile famiglia aveva una casetta di foglie di palma col pavimento di terra e un piccolo orto che bastava  appena per il sostento della prole.
Per avere luce, una lampada a petrolio nel mezzo della casa, attorno alla quale si riunivano ogni notte dopo aver mangiato un piatto di polenta con patate dolci o quello che erano riusciti ad arraffare nella giornata.
«Lei vede che sono cieca?  Questo lo devo ai fuochi di legna e alle ore passate a stirare con palette di palma», mi raccontò moltissime volte quando ci mettevamo a chiacchierare e narrava anche altri aneddoti, come che solo uno dei suoi otto figli era nato in un ospedale, gli altri sono venuti al mondo nella loro casa con le mani di Felipa la Curra, la levatrice della zona che, con le forbici in mano, tagliava il cordone e risolveva la situazione.  
Una triste realtà quella di questa famiglia e di tante altre che in tutta Cuba formavano un’enorme esercito di affamati, nel quale il 90% dei bambini era divorato dai parassiti. Questo avveniva in un paese che secondo dati conservatori aveva un tasso di mortalità infantile di 60 morti ogni mille nati vivi.
Cifre ridotte rivelano che allora più di 600 000 cubani erano disoccupati, e tra questi si contavano circa 10 000 giovani laureati che non avevano trovato lavoro, una realtà aggravata  da circa 200 000 famiglie contadine che non avevano un pezzetto di terra dove coltivare alimenti per i loro figli.
La situazione del 85 % dei piccoli agricoltori cubani che pagavano l’affitto vivendo sotto la perenne minaccia di sfratto dalle loro parcelle era molto simile e  circa 500 000 operai delle campagne lavoravano solo quattro mesi  l’anno e il resto del tempo  deambulavano da un luogo all’altro a caccia di qualsiasi lavoro.
Ugualmente penosa era la realtà di circa tre milioni di persone che mancavano di luce elettrica, di migliaia e migliaia di bambini che andavano alle piccole scuole di campagna scalzi, seminudi e denutriti. E tutto questo avveniva  in un paese dove la maggioranza della popolazione era analfabeta totale o funzionale e meno del 10% degli adolescenti e degli adulti terminava le elementari. Esistevano più di 10 000 aule senza maestri, e l’educazione superiore era un sogno  irrealizzabile per la maggioranza.

E IN QUESTO GIUNSE FIDEL

Il panorama che incontrò la Rivoluzione dopo il trionfo del 1° Gennaio del 1959 era desolante. Tutto quello era stato denunciato in maniera magistrale da Fidel nel processo della Moncada, testimonianza plasmata in  “La storia mi assolverà”.
La Rivoluzione aveva ereditato un quadro di disordine governativo, corruzione, analfabetismo, prostituzione e disuguaglianze che si dovevano combattere con prontezza, perché stavolta non era avvenuta una semplice successione da un governo a un altro, ma un vero cambio.
Per  quello, si dovevano scuotere le fondamenta della società cubana e non era un compito facile perché, come disse il leader della Rivoluzione l’8 gennaio, al suo arrivo a L’Avana: «La tirannia è stata fatta cadere, l’allegria è immensa e senza dubbio resta molto da fare tuttavia… ».
Fu allora che, come parte della realizzazione del Programma della Moncada, per la prima volta nella sua storia il popolo fu padrone della terra partendo dalla Legge di Riforma Agraria; le industrie passarono ad essere parte del patrimonio nazionale e le  case furono restituite ai loro legittimi padroni. Inoltre si organizzò un’epica Campagna di Alfabetizzazione che portò la luce dell’educazione nei più intricati angoli della geografia cubana.
Per dare dignità a chi era stato un mendicante e alle classi più umili, furono costruiti centinaia di ospedali e di scuole in tutto il territorio e l’educazione superiore si pose alla portata di tutti, senza distinzioni di credo, provenienza e colore della pelle,

 In questo modo furono formati migliaia e migliaia di medici, tecnici e specialisti per Cuba e per il mondo. A questo si sommò la  democratizzazione degli spazi di creazione, diffusione e acceso alla cultura come materializzazione del desiderio martiano che presiede la nostra Costituzione, il culto dei cubani alla piena dignità dell’uomo.
E allora come adesso, quando nonostante l’asfissia economica che significa il blocco indurito e il laccio che gli USA pretendono d’imporre al collo della Rivoluzione, questa non interrompe il suo impegno di migliorare le condizioni di vita del popolo, l’applicazione di quanto espresso nel Programma del Moncada.
L’invasione di Playa Girón, la Crisi d’Ottobre, il sequestro e l’attacco alle imbarcazioni e agli aerei civili. Più di 600 piani di attentati contro  Fidel e altri dirigenti della Rivoluzione, tra le tante azioni, hanno messo a dura prova la capacità del popolo cubano di resistere e vincere.
Questa determinazione d’imporsi a quanti ostacoli si frappongono nel cammino della sovranità e dell’indipendenza nazionale è quella che ha portato Fidel a fare una Rivoluzione 66 anni fa, ed è la stessa che oggi guida l’attuale generazione di dirigenti cubani che nel mezzo delle avversità lavorano come tanti Don Chisciotte  per affrontare i mulini del cammino che abbiamo scelto.

Fonte: http://it.granma.cu/

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