«In Occidente, si cerca di non menzionare questo conflitto o di presentarlo soltanto come “l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina indipendente”.
Così, nessuno ha ufficialmente condannato le esecuzioni di massa a Odessa e a Mariupol, i bombardamenti e i colpi di artiglieria lanciati contro città pacifiche, la morte di migliaia di civili, la maggior parte dei quali anziani, donne e bambini. […] Il relativismo morale dei governi occidentali mostra spensieratamente gli assassini fascisti dei battaglioni punitivi come “vittime dell’aggressione russa” e i residenti del sud-est ucraino, uccisi e torturati, come “terroristi e mercenari”.
Per la maggior parte degli Europei, non è evidente il fatto che il nazismo, che essi stessi sono abituati a considerare come un passato lontano, abbia dato i suoi germogli velenosi proprio al loro fianco» – Alexey “Dobrij” Markov.
Sono anni che una storia completamente rimossa dai mezzi d’informazione continua a scrivere pagine di sangue alle porte dell’Europa.
È la storia delle Repubbliche Popolari del Donbass dove, di fronte a un colpo di stato apertamente fascista e in una situazione di volta in volta indebitamente dipinta come “conflitto etnico” o come indebita interferenza della Russia negli affari ucraini, molti distaccamenti delle milizie si formano nel nome del comunismo e sotto le bandiere rosse della ex Unione Sovietica.
Sin dall’inizio del conflitto, alla lotta prendono parte un numero significativo di volontari stranieri, che danno vita alle proprie formazioni all’interno della Milizia Popolare.
Tra queste (e probabilmente la più nota), il gruppo “InterUnit” della Brigata “Prizrak”, in cui hanno prestato servizio soldati provenienti da ogni parte del mondo: protagonisti di una storia di antifascismo e solidarietà internazionalista che, prima della redazione di questo libro, non era ancora mai stata raccontata.
Prefazione di Alexey “Dobrij” Markov